Milano è una città che soddisfa qualsiasi interesse. Gli appassionati di moda possono curiosare davanti alle esose vetrine di via Montenapoleone. Chi ama i concerti può contare su un calendario ricco in tutte le stagioni. Le cose non vanno peggio agli amanti del calcio, dell’opera, della vita notturna, dell’architettura moderna e dell’arte in tutte le sue forme. La pittura non fa eccezione. Questo articolo è dedicato alle due principali pinacoteche di Milano: la Pinacoteca di Brera e la Pinacoteca Ambrosiana. E’ giusto però precisare che anche il Castello Sforzesco può vantare una piccola pinacoteca e che vari altri musei sono dotati di pregevoli collezioni di quadri. I primi due che mi vengono in mente sono il Museo Poldi Pezzoli e la Galleria d’Arte Moderna. Nel descrivere le due pinacoteche seguirò lo stesso schema. Partirò da alcune informazioni storiche e poi entrerò nel vivo del percorso museale. L’ultima sezione, come d’abitudine, sarà incentrata su opinioni, consigli e ulteriori curiosità. A questo punto siamo pronti per iniziare il nostro viaggio alla scoperta della Pinacoteca di Brera e della Pinacoteca (e Biblioteca) Ambrosiana.
L'articolo contiene:
La Pinacoteca di Brera
Le origini
Partiamo dal nome: Brera deriva da Braida, parola longobarda entrata nel dizionario latino col significato di “campo suburbano coltivato a prato”. Il terreno che oggi ospita il museo era infatti una braida: la Braida del Guercio. Nel tardo dodicesimo secolo, su questa braida l’ordine degli Umiliati edificò un monastero. Successivamente alla soppressione di quest’ordine religioso, decretata da Pio V con bolla papale del 1571, l’edificio divenne di proprietà dei gesuiti, i quali decisero di utilizzarlo come università. Il progetto rese necessario un ampliamento dell’edificio. Rallentati dalla peste del 1630, quella raccontata da Manzoni nei Promessi Sposi, i lavori interessarono quasi tutto il seicento. Fu in questo secolo che il museo assunse un aspetto non lontano da quello attuale.
Il passaggio allo stato
Nel 1773 arrivò anche la soppressione dell’ordine dei Gesuiti. L’edificio finì così nelle mani dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria e venne completato, nel 1776, da Giuseppe Piermarini. Nello stesso anno fu fondata l’Accademia di Brera. Il secondo segretario dell’istituto, Carlo Bianconi, si prodigò per dotare l’accademia di opere che fossero fonte di ispirazione per i suoi allievi. Il vero e proprio museo nacque però più avanti, agli inizi dell’ottocento, in seguito all’intervento di Napoleone Bonaparte. Il futuro re d’Italia emanò delle direttive affinchè fossero create delle gallerie d’arte in cui custodire i tesori del patrimonio artistico del paese. Iniziarono così delle campagne di requisizione di opere d’arte.
L’arrivo dei quadri
I dipinti più importanti finirono al nascente Louvre. Gli altri quadri rimasero in Italia. Le commissioni incaricate dello smistamento destinarono molti quadri della scuola veneta alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, museo esclusivamente dedicato a questa pittura. Nelle intenzioni dei commissari, la Pinacoteca di Brera doveva, al contrario, essere dotata di quadri provenienti da tutte le scuole italiane, in considerazione del ruolo di Milano come capitale del Regno Italico. Le requisizioni di opere d’arte andarono avanti per parecchi anni, dotando la neonata pinacoteca di quadri provenienti per lo più da chiese e conventi soppressi. I quadri che costituiscono il nucleo centrale della collezione esposta alla Pinacoteca di Brera affluirono al museo nei primi anni dell’ottocento. La collezione non ha però mai smesso di ampliarsi. La fine dell’età napoleonica non fermò infatti lo sviluppo del museo. Tante opere sono arrivate anche in tempi recenti, grazie a doni, legati e acquisizioni.
Il cortile d’onore
La Pinacoteca di Brera accoglie i visitatori con il suo monumentale cortile d’onore. Questo spazio esterno è caratterizzato dalla presenza di due ordini di loggiati, in cui si susseguono delle colonne che reggono archi a tutto sesto. Le colonne al pian terreno sono di tipo tuscanico, mentre quelle al piano di sopra sono di ordine ionico. Il cortile è impreziosito da statue e monumenti in marmo. Al centro ruba la scena la scultura in bronzo Napoleone Bonaparte come Marte Pacificatore, realizzata da Canova. Di questa scultura si può ammirare anche il calco in gesso, all’interno della pinacoteca. L’originale in marmo è invece custodita dal Wellington Museum, presso Apsley House, a Londra.

La pittura lombardo-veneta (1400-1500)
Le scuole artistiche maggiormente presenti nella Pinacoteca di Brera sono senza dubbio quelle della Lombardia e del Veneto. Se consideriamo i secoli XV e XVI, la Lombardia è rappresentata da pittori come: Bernardino Luini, Bramantino, Vincenzo Foppa, Marco d’Oggiono, i cremonesi fratelli Campi e tanti altri. Un quadro che mi è particolarmente piaciuto è La Fruttivendola di Vincenzo Campi, per la varietà di colori data dai frutti e l’accuratezza nella loro raffigurazione.

Per quanto riguarda la pittura veneta, la Pinacoteca di Brera ospita la più grande raccolta di quadri fuori Venezia. In riferimento al periodo sopra citato, nel museo milanese si possono ammirare tanti grandi nomi: da Tiziano a Tintoretto, da Carpaccio a Lorenzo Lotto, da Paris Bordon a Cima da Conegliano, da Jacopo Bassano a Veronese. Quest’ultimo è presente con cinque quadri, tra cui la grande tela Cena in casa di Simone, l’opera che avete visto in alto, sotto il titolo dell’articolo.
Due quadri meritano una citazione a parte. Il primo è il Cristo morto di Mantegna. E’ curioso che quest’opera, nella quale il corpo di Cristo appare disteso e ferito dai chiodi della croce, sia di datazione molto incerta. La forbice copre un arco temporale lungo cinquant’anni.
Il secondo quadro è il mio preferito di questa collezione: La predica di san Marco ad Alessandria d’Egitto, opera iniziata da Gentile Bellini e terminata dal fratello Giovanni. Mi hanno colpito la larghezza del quadro, la varietà dei costumi del pubblico impegnato ad ascoltare l’oratore e l’edificio immaginario che fa da sfondo. Esso ricorda due basiliche: San Marco di Venezia e Santa Sofia di Istanbul.

Le altre scuole (1400-1500)
Tra le altre scuole che hanno dato il loro contributo alla collezione dei quadri risalenti ai secoli 1400 e 1500, si distingue quella emiliana, con opere, tra gli altri, di Correggio, del ferrarese Cosmè Turà e di Dosso Dossi, pittore nato in Lombardia ma attivo alla corte degli Este. Le opere più famose vengono però da altre regioni. La Pala Montefeltro, detta anche Pala di Brera, è da molti considerata il capolavoro del pittore toscano Piero della Francesca, esponente di punta del Rinascimento italiano. Durante le requisizioni napoleoniche, venne prelevata dalla chiesa di San Bernardino a Urbino, la quale poi provò, senza successo, a ottenere la restituzione. Proprio da un’artista di Urbino viene l’altro quadro fondamentale: Lo sposalizio della Vergine di Raffaello. Nella realizzazione di quest’opera, il pittore s’ispirò all’omonimo dipinto del Perugino, oggi conservato al Musée des Beaux-Arts di Caen.
Il seicento
Passiamo ora al seicento. Di notevole interesse sono i quadri dei bolognesi Guido Reni, Ludovico e Annibale Carracci. La collezione più importante del Seicento è però quella della scuola lombarda (Giovan Battista Crespi, Morazzone, Procaccini). Il quadro più famoso del secolo, tra quelli custoditi dalla pinacoteca, giunse negli anni trenta del novecento, grazie a una donazione dell’Associazione Amici di Brera. L’autore è un altro pittore lombardo, ma il quadro fu dipinto a Palestrina o Zagarolo. Sto parlando della seconda versione della tela La Cena in Emmaus di Caravaggio. La prima è esposta alla National Gallery di Londra. Rispetto a questa versione, l’atmosfera e i colori sono decisamente più cupi. Il banchetto è frugale e i personaggi, a cominciare da Cristo, hanno un aspetto sofferente e dimesso. In quel periodo Caravaggio si nascondeva dalla polizia ed è possibile che il suo umore, lontano da quello dei giorni migliori, abbia influenzato l’opera.

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La Pinacoteca di Brera possiede non pochi quadri realizzati da pittori stranieri, ma ne espone un numero esiguo. I migliori di questi appartengono al periodo seicentesco. I due a mio avviso più meritevoli di una citazione sono: l’Ultima Cena di Rubens e la Madonna con il Bambino e sant’Antonio di van Dyck. L’aggiunta di queste opere non fu però ben vista dal museo, nonostante il loro indubbio valore. Esse arrivarono infatti a causa di uno scambio imposto dai francesi, che provocò la perdita di quadri importanti come la Madonna dei Casio, capolavoro del pittore leonardesco Giovanni Antonio Boltraffio.
Il settecento e l’ottocento
La collezione settecentesca della Pinacoteca di Brera non è molto ricca ma può contare su opere di famosi pittori veneti come Bernardo Bellotto, Francesco Guardi, Giambattista e Giandomenico Tiepolo (rispettivamente padre e figlio). Non mancano neanche le classiche vedute veneziane di Canaletto.
Particolarmente interessante è la sezione sull’ottocento. Essa include quadri di diversi stili: dal movimento dei macchiaioli di Giovanni Fattori e Silvestro Lega al divisionismo di Segantini. In questa sezione si può anche vedere Il Bacio di Francesco Hayez, uno dei quadri più conosciuti e fotografati dell’intero museo. Lo stesso pittore è presente anche con un ritratto di Alessandro Manzoni. Veneziano di nascita ma milanese di adozione, Hayez conobbe personalmente l’illustre scrittore.

Rientra nell’ottocento, anche se per poco, la Fiumana di Giuseppe Pellizza Da Volpedo. Realizzato a fine secolo, questo dipinto è l’ultima tappa del percorso di avvicinamento al Quarto Stato, opera fondamentale del pittore piemontese, oggi esposta in un altro museo di Milano: il Museo del Novecento. Le due opere hanno delle evidenti somiglianze. Entrambe hanno per soggetto una marcia guidata da tre figure: due uomini e una donna con un bambino in braccio. Quello che cambia è la composizione del corteo. La Fiumana rappresenta un’intera collettività determinata a migliorare le proprie condizioni di vita. Il Quarto Stato è invece dedicato a una marcia di lavoratori, il cui incidere sembra più travolgente. I loro volti sono inoltre molto più definiti rispetto a quelli della Fiumana, dove appaiono per lo più indistinti.

Brera Modern
La donazione dei coniugi Jesi, avvenuta a due riprese negli anni 1976 e 1984, e il lascito Vitali del 2000, hanno fornito alla Pinacoteca di Brera un buon numero di dipinti del novecento. In precedenza, il museo era sprovvisto di opere risalenti a questo secolo. Fra i quadri della collezione Jesi figurano opere di Carrà, Boccioni, Sironi, De Chirico, Morandi e Modigliani. Gli ultimi due pittori sono presenti anche nel lascito Vitali, la cui collezione è formata prevalentemente da reperti archeologici. Tutte queste opere sono state a lungo esposte nelle sale della pinacoteca. Ora sono invece inaccessibili. Saranno nuovamente a disposizione dei visitatori quando verrà aperta la Brera Modern: sezione staccata del museo, dedicata all’arte moderna e contemporanea. La sede prescelta, Palazzo Citterio, dista pochi metri dalla pinacoteca. Al momento non ci sono certezze su quando il nuovo museo verrà inaugurato.
La Pinacoteca Ambrosiana
Il ruolo di Federico Borromeo
La Pinacoteca Ambrosiana deve la sua esistenza al cardinale e arcivescovo di Milano Federico Borromeo, cugino di san Carlo nonchè personaggio manzoniano. Fu lui il protagonista della conversione dell’Innominato nei Promessi Sposi. Escludendo un breve periodo trascorso a Milano, Borromeo visse a Roma dal 1586 al 1601. Durante la sua esperienza romana, entrò in contatto con vari artisti e collezionisti, grazie anche alla nomina a protettore dell’Accademia di San Luca. Queste amicizie e questi scambi culturali furono alla base della sua passione per l’arte. Tornato a Milano, nel 1607 Borromeo fondò la Biblioteca Ambrosiana, con l’intenzione di creare un centro di educazione e studio che fosse accessibile a tutti. Aperta al pubblico nel 1609, la biblioteca è ancora in funzione. Essa vanta una sterminata collezione di stampati, incisioni, disegni e manoscritti in diverse lingue.

Nove anni più tardi, nel 1618, lo stesso cardinale donò la sua collezione di opere d’arte alla biblioteca. Così, nei locali a questa adiacenti, nacque la Pinacoteca Ambrosiana. Qualche anno più tardi, Borromeo scrisse il Musaeum, volumetto nel quale egli descrisse minuziosamente le opere da lui donate. Questo documento si è rivelato prezioso, poichè ha fugato ogni dubbio sulle opere facenti parte della collezione originaria, informandoci allo stesso tempo che essa non comprendeva soltanto quadri, ma anche sculture e stampe.
L’ampliamento del museo
La collezione donata dal cardinal Borromeo costituì la base di partenza della Pinacoteca Ambrosiana. Tante altre opere sono arrivate dopo la sua morte, in seguito ad acquisizioni e soprattutto donazioni. Tra queste spicca la donazione di Manfredo Settala, amico personale di Borromeo. Settala aveva fondato un museo che ospitava la sua variegata collezione, contenente quadri, manoscritti, monete, astrolabi e altri pezzi collocabili nell’oggettistica. Prima di morire, egli decise di donare l’intera collezione del museo Settala all’Ambrosiana, una volta estinto il ramo familiare.
Altre donazioni che hanno arricchito significativamente la pinacoteca sono quelle di: De Pecis, Bernasconi, Brivio, Bertarelli e Negroni Prati Morosini.
La collezione Borromeo
Il percorso inizia al primo piano. Cinque delle prime sette sale sono dedicate alla collezione Borromeo. Si parte dunque dalle opere possedute dal museo ai tempi della sua apertura. Non mancano grandi nomi della pittura italiana (Tiziano, Jacopo Bassano, Bernardino Luini ecc), ma le opere della collezione federiciana che ho maggiormente apprezzato sono quelle dei fiamminghi Jan Brueghel il Vecchio e Paul Brill, amici del cardinale dai tempi in cui viveva a Roma. In questa zona della pinacoteca, si può vedere anche il cartone preparatorio dell’affresco La Scuola di Atene, capolavoro di Raffaello conservato nella Stanza della Segnatura dei Musei Vaticani. E’ giusto però precisare che il cartone non faceva della collezione originaria. Federico Borromeo lo acquistò da Bianca Spinola nel 1626.
Nelle altre due stanze di questa sezione, analogamente al resto del museo, sono esposte opere provenienti da altri lasciti. A mio parere, le più significative di queste sono: la Madonna del Padiglione di Botticelli e la Madonna con il bambino e devoto di Pinturicchio e bottega.
L’ala Galbiati
L’itinerario prosegue nell’ala Galbiati, divisa tra primo e secondo piano. La forma d’arte più diffusa in queste sale è ovviamente la pittura, ma ci sono anche sculture e altri interessanti reperti. Qui si possono ammirare maestri della pittura lombarda seicentesca come Procaccini, Crespi, Vermiglio, Moroni e Morazzone, tutti presenti anche nella Pinacoteca di Brera. Un’altra sezione ben fornita è quella sull’ottocento. Essa contiene quadri di Domenico Induno, Mosè Bianchi, Andrea Appiani e una serie di ritratti di Francesco Hayez. Un quadro non famoso che ha catturato la mia attenzione è Le lavandaie nel Naviglio del pittore milanese Emilio Gola. Piccola curiosità: a Gola è stata intitolata una strada proprio in quel quartiere, tra il Naviglio Grande e il Naviglio Pavese. L’omaggio non è stato molto fortunato se pensiamo che via Gola è una strada notoriamente malfamata.
La bellezza del percorso
Come è naturale in una pinacoteca, i protagonisti sono i quadri. Tuttavia gli altri elementi non si limitano a un ruolo di contorno. Penso sia impossibile non rimanere favorevolmente colpiti dalle opere non pittoriche e dal buon gusto nell’arredamento dei vari ambienti della Pinacoteca Ambrosiana. Le mie sale preferite sono: la Sala della Medusa, la Sala dell’Esedra e la Sala Niccolò da Bologna. Le ultime due sono collegate da un’elegante scalinata.

Non è da meno il Cortile degli Spiriti Magni. Lo si vede dall’alto e da una grande finestra. Questo cortile deve il suo aspetto al prefetto Giovanni Galbiati. Il nome deriva dal quarto canto dell’Inferno della Divina Commedia, nel quale Dante vide, nel limbo, gli “spiriti magni”. In questa categoria rientrano i personaggi virtuosi della mitologia, della scienza, della poesia e della filosofia, che erano pagani. A loro sono dedicate dieci statue bronzee.


La Biblioteca Ambrosiana
L’Aula Leonardi
La visita si conclude nella Biblioteca Ambrosiana, situata al piano terra del palazzo, dalla parte opposta rispetto all’ingresso. Le ultime opere esposte costituiscono il degno finale dell’esperienza. L’Aula Leonardi custodisce dipinti preziosi come il Ritratto di musico, unico ritratto maschile di Leonardo da Vinci, e l’affresco di Bernardino Luini Cristo incoronato di spine. Nella stessa sala è presente anche una copia dell’Ultima cena, realizzata da Andrea Bianchi, detto il Vespino. L’opera fu commissionata dal cardinale Borromeo, viste le condizioni già allora precarie del cenacolo vinciano.
La Sala Federiciana
Dall’aula Leonardi si accede alla Sala Federiciana, l’antica sala di lettura. Il colpo d’occhio dato dalla quantità industriale di libri riposti negli scaffali è notevole. L’opera più nota della Biblioteca Ambrosiana è il Codice Atlantico. Si tratta della più grande raccolta di scritti e disegni di Leonardo di Vinci. Date le enormi dimensioni dell’opera, i fogli vengono esposti a rotazione. Io ho trovato disegni e progetti riguardanti strumenti musicali. L’altro capolavoro collocato nella Sala Federiciana è un quadro da ammirare in ogni suo dettaglio: la Canestra di frutta di Caravaggio. Quest’opera faceva parte della collezione originaria di Federico Borromeo, ma è stata separata dalle altre, presumibilmente per favorire una maggiore visibilità. Nel Musaeum, il cardinale scrisse che avrebbe voluto un’altra canestra simile a questa, ma nessuna raggiungeva tale bellezza e così è rimasta sola.

Informazioni, consigli e curiosità
Visitare la Pinacoteca di Brera e la Pinacoteca Ambrosiana è un’esperienza che va oltre la semplice contemplazione di quadri e altre opere d’arte. E’ anche un modo per ammirare l’interno di due palazzi storici, nel cuore di Milano, rispettivamente a breve e brevissima distanza dal duomo. Anche per questo, vi consiglio vivamente di vedere entrambe le pinacoteche. Se non doveste avere il tempo di visitare la Pinacoteca di Brera, tenete conto che potete affacciarvi gratuitamente nel suo cortile. Vi basterà aprire la porta d’ingresso nella via Brera, strada che fa parte dell’omonimo quartiere, nella zona più artistica della città.
Analogie
Un’analogia l’ho già scritta, menzionando il valore storico e la posizione strategica dei palazzi. Per il resto, ho riscontrato che molti pittori sono presenti in entrambe le pinacoteche e che ciascuna di esse custodisce un quadro di Caravaggio. Sono le uniche opere del celeberrimo pittore conservate a Milano.
Differenze
Le differenze riguardano la tipologia di opere esposte. Se andiamo a guardare la varietà, l’Ambrosiana è più completa. Escludendo il cortile, il calco in gesso di Canova e una parte delle opere delle collezioni Jesi e Vitali (che finiranno nella nascente Brera Modern), la Pinacoteca di Brera è un museo esclusivamente dedicato alla pittura. Al contrario, la Pinacoteca Ambrosiana, oltre ai quadri, è dotata di sculture, oggettistica e cimeli come i guanti indossati da Napoleone a Waterloo e una teca contenente i capelli di Lucrezia Borgia. A tutto questo bisogna aggiungere la biblioteca. Dall’altra parte, sono convinto che la collezione di quadri della Pinacoteca di Brera sia più ricca di capolavori. Personalmente considero questa pinacoteca il miglior museo italiano di pittura dopo la Galleria degli Uffizi.
Prezzi e tempi
Al momento in cui scrivo, il prezzo del biglietto per la Pinacoteca Ambrosiana è maggiore rispetto a quello della Pinacoteca di Brera (15€ vs 12€). Quest’ultima peraltro, essendo un museo civico, è visitabile gratuitamente la prima domenica di ogni mese. Consiglio tuttavia di consultare i siti ufficiali, essendo possibile che qualcosa cambi. I prezzi non sono per niente bassi, ma entrambi i musei prevedono delle riduzioni per varie categorie. I tempi di permanenza sono a mio parere simili: dalle 2 alle 3 ore, per una visita non superficiale. Ritengo però che un appassionato di pittura possa rimanere più tempo, senza rischiare di annoiarsi. Davanti a certe opere, è bello fermarsi per osservare i dettagli. A tal proposito, posso dire che per una scelta precisa del direttore James Bradburne, la Pinacoteca di Brera è ricca di posti a sedere, in modo da consentire al visitatore di ammirare le opere più a lungo.
Il mio articolo sulle due più famose pinacoteche di Milano finisce qui. Spero di avervi dato una spinta a visitare due musei che fanno parte del patrimonio del nostro paese. Se avete opinioni o dubbi di ogni genere, non esitate a lasciare un commento o a contattarmi. Non dimenticate di seguirmi anche su instagram, facebook e twitter. Grazie per l’attenzione e a presto!
Mamma mia che lavoro!!! Ci credo che ti è voluto un po’ per riprenderti. Ammetto che l’ho letto velocemente, però mi riservo una lettura più approfondita appena avrò un attimo di calma.
Grazie mille per aver letto l’articolo. Penso che una lettura attenta richieda una decina di minuti. Come ho scritto su instagram, è stato un lavoro molto faticoso. Dall’altro lato, le ricerche effettuate mi hanno permesso di imparare tante curiosità che durante la visita non erano emerse.